PREISTORIA
Dal Paleolitico all’ Eneolitico
La frequentazione del comprensorio fabrianese è documentata nella Preistoria, a partire dal Paleolitico Inferiore da alcuni rinvenimenti sporadici (località Vatria, Colle Villano, Vallemontagnana, etc..), e nel Paleolitico Superiore da due importanti insediamenti in grotta: Cava Romita, e Grotta della Ferrovia. In particolare da quest’ultima, detta anche Grotta dell’Abbondanza per la quantità di reperti recuperati, provengono interessanti materiali litici (alcuni visibili presso il Museo Speleo-paleontologico e archeologico di S. Vittore di Genga), oggetti ornamentali, e due ciottoli incisi, probabilmente utilizzati come primordiali sistemi di annotazione, di cui uno esposto (fig. 1) presso il Museo Archeologico Nazionale delle Marche ad Ancona.
Durante il Neolitico si sviluppano i primi abitati capannicoli ed il sito sicuramente più interessante è quello pluristratificato di Acquatina di Attiggio: lo scavo effettuato dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici delle Marche nel 1959, ha evidenziato la presenza di un livello della fase finale del Neolitico con alcune buche di palo ed un focolare, ed ha consentito di recuperare molti reperti litici (soprattutto punte di freccia e manufatti su lama) e ceramici (in particolare scodelle e orcioli), oggi conservati presso il Museo di Ancona (fig. 2). In successione sono stati riportati alla luce altri insediamenti, di cui quello Eneolitico (età del Rame), caratterizzato da un’economia ancora basata su agricoltura e allevamento, e dalla presenza di nuove forme ceramiche (vasi a fiasco, brocche, vasi con beccuccio). Materiali molto interessanti, risalenti al Neolitico finale-Eneolitico, provengono anche dall’area antistante la stazione ferroviaria di Albacina, recuperati dopo lo sbancamento della galleria della variante: punte di freccia, bifacciali, grattatoi, etc... Per quanto riguarda l’Eneolitico, oltre a vari rinvenimenti, si segnalano anche alcune grotticelle, di cui la più nota è sicuramente la Tana del Monaco in località Belvedere.
PROTOSTORIA
Età del Bronzo – età del Ferro
Per l’età del Bronzo, oltre al citato insediamento di Acquatina di Attiggio, in cui sono state scavate alcune buche di palo del Bronzo Medio, la zona di S. Maria in Campo è quella meglio documentata per la presenza di insediamenti capannicoli: in particolare va ricordato l’abitato del Bronzo Recente (XIV-XII a.C.) di Cortine, indagato nel 1977 dalla Soprintendenza Archeologica per le Marche, in cui sono state individuate tre capanne di cui una ovale e due rettangolari, e da cui sono stati recuperati numerosi materiali ceramici (ciotole, scodelle, olle, fuseruole, etc..), bronzei (spilloni, una punta di freccia, uno scalpello, una fibula), ossei. Altri rinvenimenti di vario genere, si segnalano anche in altre località.
Nel primo millennio a.C. anche nell’area di Fabriano come in buona parte delle Marche le principali testimonianze sono quelle relative alla civiltà picena, con particolare riferimento all’età orientalizzante (fine VIII-inizi VI sec. a.C.). I principali rinvenimenti provengono da due necropoli, una a S. Maria in Campo e una in località Vedretta-Sacramento. Quest’ultima che si doveva estendere in tutta l’area circostante la stazione ferroviaria, fu individuata per la prima volta alla fine dell’800, quando venne riportata alla luce una sepoltura femminile, la cosiddetta Tomba della Ferrovia, ricca di vasellame metallico (fig. 3 ) e contenente i resti di un calesse. La necropoli di S. Maria in Campo, fu scavata nel 1915 e poi negli anni ’50: i primi scavi individuarono tre tumuli dai corredi funerari prestigiosi, ricchi di vasellame metallico, armi, un currus ed un calesse, oggetti preziosi (fig. 4), di cui molti elementi sono visibili nel Museo di Ancona. Altri rinvenimenti piceni sono stati effettuati nel già citato sito di Acquatina di Attiggio, dove è stato individuato un abitato di V sec. a.C., a Pecorile, il cui vasellame, sequestrato in seguito ad uno scavo clandestino, è ora esposto nel Museo di San Vittore di Genga.
Il ritrovamento di alcuni bronzetti votivi di VI-V sec. a.C., in alcune località montuose (Vallemontagnana, Castiglione di Attiggio), ha lasciato ipotizzare anche la presenza di luoghi di culto all’aperto. Nel quarto secolo a.C., nelle Marche centro-settentrionali si insediano anche comunità celtiche, appartenenti alla tribù dei Senoni, di cui esistono testimonianze importanti nel fabrianese: la nota sepoltura di Moscano ha restituito infatti il corredo funerario (fig. 5) di un guerriero sepolto con il suo cavallo, l’armamentario (elmo, spada con fodero) ed altri oggetti relativi al vestiario e alla cura del corpo, conservati nel Museo Archeologico Nazionale di Ancona.
Anche la presenza di comunità umbre nel territorio, sembra ipotizzabile stando alla menzione di un collegio sacerdotale, i Fratres Atiedii (con riferimento ad Attiggio), nel testo sacrale umbro delle Tavole Iguvine, redatto tra III e I sec.a.C. e conservato nel Palazzo dei Consoli di Gubbio.
ETÀ ROMANA
Periodo repubblicano (fine IV - I sec. a.C.)
Alla fine del IV secolo a.C. risalgono i primi avvenimenti che segnano l’avvicinamento di Roma al territorio marchigiano: nel 295, la famosa “Battaglia delle Nazioni” presso Sentinum (odierna Sassoferrato), a conclusione della III guerra sannitica, vedrà la disfatta della coalizione anti-romana di Galli, Sanniti, Etruschi e Umbri. Questi ultimi che come noto dalle fonti (Plinio il Vecchio), erano le popolazioni stanziate nell’attuale Umbria e nella parte appenninica delle Marche centro-settentrionali, riusciranno a garantirsi una discreta autonomia uscendo preventivamente dal conflitto e stipulando trattati di alleanza con Roma, mentre ai Celti sarà riservato un trattamento particolarmente duro. Il territorio sarà controllato attraverso la costruzione di strade, l’assegnazione dei terreni confiscati ai veterani dell’esercito (lex Flaminia del 232), e l’istituzione di centri, come colonie e prefetture. La via Flaminia, voluta dall’omonimo console nel 221, passava per Fossato di Vico (Helvillum) e costituiva la principale arteria di comunicazione del territorio, mettendo in collegamento Roma con il versante adriatico, anche attraverso un sistema di diramazioni secondarie, che nelle Marche presumibilmente si sviluppavano lungo le principali vallate fluviali. Le testimonianze archeologiche risalenti a questo periodo sono piuttosto rare, e si tratta per lo più di rinvenimenti di superficie: si segnala un cippo funerario rinvenuto a Rocchetta Alta, conservato presso il Museo Archeologico Statale di Arcevia.
In questo periodo le comunità umbre degli Attidiates e dei Tuficani, si mantennero relativamente autonome come civitates foederatae (alleate), e solo successivamente alla guerra sociale (90-88 a.C.) vennero trasformate in municipi politicamente e amministrativamente affini e legati a Roma. Questo comportò l’iscrizione ad una tribù (Lemonia per Attidium, all’Oufentina per Tuficum), e l’introduzione di un collegio reggente di magistrati quattuorviri.
Età imperiale
Con la suddivisione augustea in regiones, le Marche centro-settentrionali fanno parte della VI Regio, la cosiddetta Umbria et Ager Gallicus (fig. 6), mentre quelle centro meridionali appartengono alla V Regio, il Picenum: il confine tra le due viene individuato nel fiume Esino (Aesis).
La maggior parte delle testimonianze archeologiche ed epigrafiche pertinenti ai due municipi nel comprensorio fabrianese (e non solo), risalgono all’età imperiale (soprattutto al I-II d.C.). Per quanto riguarda Attidium, la città romana doveva svilupparsi nell’area circostante la chiesa di S. Giovanni Battista, dove è ancora visibile un impianto termale riportato alla luce dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici delle Marche tra il 1989 e il 1993, appartenente ad una villa o ad una domus risalente al II sec. d.C. L’area archeologica conserva diversi ambienti di cui alcuni mosaicati, un calidarium, un corridoio affrescato ed una vasca rivestita in lastre marmoree. Nelle vicinanze, fu effettuato un altro rinvenimento importante nel 1922, quando venne scavato un edificio quadrangolare, verosimilmente l’atrio o il vestibolo di un complesso edilizio con probabile funzione pubblica: all’interno fu infatti rinvenuta un’epigrafe, oggi murata nell’atrio di Palazzo Chiavelli a Fabriano, che secondo gli studi più recenti riporta una dedica all’imperatore Adriano (fig. 7). Sempre in quegli anni furono individuati alcuni tratti di strade basolate che formavano un tracciato ortogonale: negli anni ’60 in occasione dei lavori per la costruzione della nuova chiesa parrocchiale, vennero scavate alcune sepolture, databili tra II e IV d.C., e successivamente alcune strutture murarie. Le testimonianze che riguardano Tuficum, sono per lo più ritrovamenti fortuiti e frutto di alcuni saggi di scavo: il municipio si trovava in posizione piuttosto strategica dal punto di vista dei collegamenti, alla confluenza tra il fiume Esino ed il torrente Giano, all’incrocio dunque di due direttrici viarie. Oltre ad alcuni rinvenimenti scultorei (due statue acefale da contrada Moresine, ed una testa maschile bronzea da località San Lazzaro), a partire dagli anni ’30 sono state riportate alla luce diverse strutture murarie: alcune in località Trocchetti (un portico, strutture abitative, e mosaici) rinvenute nel 1933, altre in località Case Lunghe, e alle pendici del Monte Santa Croce un muro di contenimento ed una strada lastricata. In prossimità di questi ritrovamenti la Soprintendenza ai Beni Archeologici delle Marche ha realizzato alcuni saggi di scavo, che hanno rilevato la presenza di diversi ambienti: successivamente, nel 1980 in località Le Muse, in seguito a lavori di sterro, sono state evidenziate altre strutture di età romana.
Altri rinvenimenti di superficie sono stati effettuati in maniera diffusa in tutto il territorio.
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