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 Pievi Abbazie e Monasteri > Lungo il Sentino

L’itinerario si sviluppa per circa 55 km dal paese di Poggio S. Romualdo, nel comune di Fabriano, a Sassoferrato, lungo il fiume Sentino: superati i tornanti che scendono in direzione della statale 76, le strade sono tutte di fondovalle ed
estremamente suggestive, soprattutto nel tratto che attraversa la Gola di Frasassi, dove le ripide pareti rocciose costituiscono uno scenario emozionante. L’itinerario offre al visitatore una vasta gamma di attrazioni, dalle bellezze naturalistiche alle architetture religiose di pregio, da siti di alto interesse archeologico ai piccoli ma importanti musei.

Poggio S. Romualdo: abbazia di S. Salvatore in Valdicastro

L’abbazia viene fondata intorno al 1009 da S. Romualdo, che già quattro anni prima vi era venuto in missione costruendo alcune celle sui terreni donati dal conte Farolfo. L’eremo viene però piuttosto trascurato dai monaci, e il santo ravennate, tornato qui poco prima di morire è costretto a costruire altrove una cella con oratorio, cosiddetto di S. Biagiolo, dove verrà seppellito nel 1027. L’abbazia riuscirà ad acquisire beni e proprietà, grazie anche all’appoggio dei signori locali, entrando per questo, più volte in conflitto con il comune di Fabriano, che nel 1251 edificherà nei pressi, il castello difensivo di Porcarella. Alla fine del XIV secolo, ormai in decadenza, l’abbazia viene unita all’eremo di Camaldoli, e nel 1427 a Valdicastro viene annesso il monastero di S. Biagio di Fabriano, dove nel 1481 verranno traslate le spoglie di S. Romualdo. In seguito alla soppressione del 1810, l’abbazia diverrà proprietà privata. Ristrutturata dopo il sisma del 1997, è stata riconvertita dagli attuali proprietari in azienda agrituristica ed è visitabile nel fine settimana, mentre negli altri giorni su richiesta.

Precicchie e Castelletta

Tutta quest’area era, in età altomedievale, dominio dei Rovellone o Revellone, ricca famiglia forse discendente dagli Attoni di Cerreto e Matelica, e legata anche ai Guzzolini di Osimo.
Di antica fondazione, il castello di Precicchie, è dominio della famiglia Attoni e contesa dai vari Gola di Frasassicomuni dei dintorni, come Jesi e Apiro, fino a divenire possedimento dei Rovellone. In seguito a nuove dispute a partire dal 1303, è Fabriano ad aggiudicarsi il possesso del castello e del territorio di Precicchie nel 1377. Dalla metà del Quattrocento inizia a perdere importanza difensiva, fino a declinare progressivamente nei secoli XVII e XVIII.
Da documenti della seconda metà del Trecento, si conoscono molti dei suoi elementi urbanistici: il palazzo signorile, il cassero, dotato di cisterna e magazzini, la torre, le mura, e la porta di ingresso, quadrangolare con arco a tutto sesto. Poco più avanti, la piccola piazza con la chiesetta di S. Maria delle Grazie.

Abbazia di S. Vittore delle Chiuse

L’abbazia sorge in una piccola vallata, dominata dal castello di Pierosara, alla confluenza del Sentino con l’Esino, in una zona ben nota per il fenomeno carsico, incastonata tra le gole dei due fiumi: una posizione senza dubbio suggestiva e strategica per il controllo delle direttrici di comunicazione. La struttura si divide in due corpi di fabbrica, disposti a L, la chiesa e gli ambienti monastici: tra i due si trovava un cortile. La chiesa è stata datata all’XI secolo e presenta un impianto centrale a croce greca inscritta, di matrice bizantina: esternamente l’aspetto compatto è movimentato dalle cinque absidi e dalla decorazione a lesene ed archetti pensili ciechi di derivazione lombarda, mentre due sono le torri campanarie adiacenti alla facciata. Internamente si accede da una campata coperta con volta a botte. L’ambiente è suddiviso da quattro colonne, in nove campate, tutte coperte da volte a crociera, fatta eccezione per quella centrale sormontata da una cupola inscritta nel tiburio ottagonale. La luce penetra dalle monofore che si aprono nelle absidi e nel tiburio. L’aspetto è sobrio ed essenziale.

Sassoferrato

L’insediamento attuale è composto da due nuclei: quello originatosi in età altomedievale, denominato Castello e arroccato su un’altura che domina la valle del Sentino, e quello situato immediatamente a fondovalle, il cosiddetto Borgo. Le prime testimonianze risalgono al neolitico, ma è con l’età romana che si comincia a delineare la storia della città e del territorio. Territorio che vede iniziare il processo di romanizzazione con la nota Battaglia delle Nazioni o di Sentinum, svoltasi nei pressi di Sassoferrato nel 295 a. C.; la città viene poi assediata e messa a ferro e fuoco nel 41 a.C. da Ottaviano, per aver parteggiato per Antonio. Nuovamente distrutta nel 773 da Desiderio, non si hanno molte notizie relative ai secoli successivi.
Il Castello, viene edificato nella seconda metà del XII secolo, ma probabilmente esisteva già in precedenza. Viene fondato dai feudatari del luogo, gli Atti, con il volere dell’abbazia di Nonantola e l’approvazione degli altri nobili castellani. Inizialmente subisce forse l’influenza del comune di Gubbio, ma con l’affermarsi dell’egemonia degli Atti sul finire del Duecento, la città di Sassoferrato mantiene una linea filo-papale, sostenendo la politica guelfa di Perugia, che la proteggerà in più occasioni. Occupata dai Malatesta nel 1349, da Braccio di Montone nel 1417Sassoferrato: Civica Raccolta d'arte, e poco dopo da Francesco Sforza, la città rimane con alterne vicende, sotto l’influenza degli Atti, che nonostante la venuta nelle Marche del legato pontificio Egidio Albornoz nel 1351, vedono sostanzialmente invariato il loro dominio. Nel 1460 Sassoferrato riesce a divenire libero comune, cacciando definitivamente gli Atti, e nel 1484 viene accorpata alla provincia di Perugia, con la quale rimane fino all’età napoleonica. Nel 1860 viene annessa al Regno d’Italia, e due anni più tardi ritorna nella provincia di Ancona.

Abbazia di S. Croce

Sorge alle pendici del Monte di S. Croce e la fondazione probabilmente, è da attribuire ai feudatari locali, gli Atti, già nella seconda metà dell’XI secolo. Nel 1252 è documentata la protezione concessa dalla Sede Apostolica oltre alle varie chiese dipendenti, circa trentacinque. Allargata la sua giurisdizione anche sulla chiesa di S. Nicolò a Fabriano e sui relativi possedimenti, l’abbazia vive un periodo di benessere tra XIII e XIV secolo. Intorno alla metà del Trecento, inizia però a venir meno il suo potere, e a fasi alterne viene ceduta in commenda. Nel 1613 viene unita alla Congregazione Camaldolese, e nel 1833 al monastero di Fonte Avellana. L’impianto romanico molto compatto, è costruito su moduli quadrati e presenta i due principali corpi di fabbrica, cioè la chiesa e il monastero, affiancati e orientati a ovest. Il primo nucleo costruttivo risale alla seconda metà dell’XI secolo, mentre tra XIV e XV secolo sono datati altri ampliamenti del complesso. La chiesa con pianta quadrata a croce greca inscritta, come quella di S. Vittore, presenta cinque absidi e un atrio di accesso coperto da volta a botte, nel quale si apre un magnifico portale romanico con archi a tutto sesto concentrici.

Coldellanoce

Legato alle sue origini alla famiglia Federici, il castello di Coldellanoce diviene nel XIII secolo possedimento dei Collenuccio, che con alterne vicende lo dominano fino alla conquista di Francesco Sforza. Del borgo originario, dotato di torrione, ponte levatoio e mura, rimangono solamente alcune costruzioni. Degna di nota è l’insolita posizione di fondovalle dell’insediamento, che doveva presentare la struttura del cassero all’esterno del circuito murario. Nella chiesa di S. Lorenzo si conservano alcune opere di grande rilievo artistico quali il Trittico con la Madonna in trono con Bambino, S. Lorenzo e S. Sebastiano, di Matteo da Gualdo, risalente alla fine del XV secolo, e l’affresco di Ercole Ramazzani nella cappella a destra, riproducente una Madonna del Rosario con S. Domenico e S. Caterina da Siena.

Cabernardi e Rotondo

Tornando a Sassoferrato, dal Castello si può prendere in direzione Catobagli, lungo via S. Bernardino, e raggiungere Cabernardi dove si trova il caratteristico Museo della Miniera di Zolfo: l’estrazione iniziata nel 1860, ha procurato benessere al territorio, accompagnato però da esalazioni nocive e molti rischi. Il museo documenta questa dura attività attraverso l’esposizione di documenti fotografici e giornalistici, reperti di minerale grezzo e raffinato, e attrezzature dei minatori.
Poco distante da Cabernardi, seguendo per località Cafabbri, si arriva al castello di Rotondo.

 


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